Piante olivettiane
Dagli anni Cinquanta a oggi: l’imprenditore di Ivrea ha posto le basi per un’avanguardia immergendo la quotidianità cittadina nel verde. Oggi, riproponiamo la sua filosofia dai luoghi di lavoro alla casa
Un esagono che dal basso lascia intravedere il cielo. Con sei travi che partono da un centro sostenuto da un pilastro a sezione esagonale. Quando gli architetti Luigi Figini e Gino Pollini, nel 1959, concludono il progetto per il nuovo Centro dei Servizi Sociali affidatogli da Adriano Olivetti, gli spicchi che la struttura crea restano vuoti e i passanti si interrogano su quale sia la ragione per cui sono stati costruiti. Anzi, questa apertura espone lo spazio sottostante il portico, con l’ingresso all’edificio – che dovrebbe essere riparato e protetto – ai venti e alle intemperie.
Solo con il tempo, quando le piante, che sono state messe a dimora in aiuole realizzate in corrispondenza delle aperture, crescono, chi passa da via Guglielmo Jervis, a Ivrea, comprende la profonda rivoluzione che Olivetti ha voluto: sfondare il solaio per connettere, con un gioco di pieni e di vuoti, due spazi, di cui l’uno soprastante l’altro, in modo da aprire la strada a rami e foglie per raggiungere il terrazzo del primo piano, che circonda la biblioteca…
Articolo pubblicato su Casa Naturale di maggio – giugno 2022
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