Casa di campagna in Toscana: un restauro sostenibile
In un’antica dimora, una casa di campagna immersa nel verde toscano (zona del Chianti), ha trovato “dimora” un progetto di restauro particolarmente attento al riuso di materiali del passato, in un ideale di armonia con il paesaggio circostante. Il tema della sostenibilità è stato declinato in una chiave molto originale, che non riguarda solo la scelta di materiali o l’adozione di precise soluzioni pratiche, ma, più in generale, punta alla ricostituzione di un equilibrio perduto. Il progetto porta la firma di due giovani architetti, Francesco e Gaia Busi, che hanno seguito, fin nei minimi dettagli, tanto la ridefinizione degli spazi quanto l’arredamento della villa. Lo stato di fatto della casa, prima del restauro, rivelava una storia lunga e travagliata.
Restaurare per sottrazione
La casa di campagna, parte di un più ampio edificio, realizzato a partire dal XV secolo (e solo di recente frazionato, per effetto di una successione), era in origine un convento. In seguito, era stato adibito ad abitazione, ma anche a magazzino. Il risultato: un coacervo di oggetti e stili affastellati, l’uno sull’altro, senza alcuna coerenza organica. «Pur senza rinunciare a qualche tocco contemporaneo – spiega l’architetto Francesco Busi – la nostra prima preoccupazione è stata quella di restituire all’ambiente la sua vocazione iniziale, lavorando per sottrazione». Così, ad esempio, sono stati tolti i controsoffitti, per riportare in vista le travi originarie.
Sui pavimenti, la graniglia (materiale del tutto incoerente con l’area del Chianti) è stata sostituita con due tipi diversi di cotto, entrambi prodotti nella regione.
Tocchi artistici e rispetto per il passato
Grande attenzione è stata posta ai colori, scelti pensando alla luminosa sobrietà dei conventi: il bianco delle pareti e di alcuni mobili, il grigio della pietra serena, usata per la scala di congiunzione tra i due piani dell’edificio e, ancora, in un gioco di ricorsi, in cucina nel piano di lavoro, in bagno nel sotto-lavabo (entrambi in calcestruzzo), in salotto, nei rivestimenti di divani e poltrone.
Richiami fra colori e materiali sono frequenti: particolare, ad esempio, la scelta del lavello in cotto, che riecheggia il pavimento e allude a un’antica semplicità.
Attenzione e recupero
Quanto al mobilio, quasi interamente in legno, si è cercato di recuperare il più possibile le masserizie già presenti nella villa, alcune delle quali sono di notevole pregio. I mobili che, invece, sono stati disegnati su misura, come i ripiani della cucina o le librerie, sono quanto mai sobri e lineari, intonati al bianco del contesto. Ma è nella scelta di alcuni oggetti d’arredo che la propensione al riuso si è rivelata in modo peculiare. «Per le luci del bagno abbiamo adoperato dei fondi di bottiglia – spiega ancora l’architetto Busi –. Il colore verde è in sintonia con lo spazio esterno: infatti attualmente la villa è inserita in un’azienda vinicola». Non solo, troviamo anche altri tocchi interessanti in questa casa di campagna: «I lampadari sono stati realizzati recuperando delle fratine, cioè degli scaldini da letto: nei secoli passati questi oggetti erano molto usati nei conventi».
Bottiglie e setacci per luci, scaldaletto per lampadari
Vecchi setacci sono divenuti lampade, come si può osservare in una delle camere da letto, mentre nel bagno si può trovare un’altra traccia del passato contadino, una sorta di “grattugia” che serviva per lavare i panni.
Va, infine, sottolineata l’attenzione al risparmio di energia che ha guidato la progettazione degli spazi: si è scelto, infatti, di collocare una camera da letto e un bagno anche al piano terreno, così che questa parte della casa potesse essere pienamente autonoma e vivibile, senza bisogno di “attivare” in ogni occasione (con conseguenti oneri legati a illuminazione e riscaldamento) anche il piano superiore.
A cura di Lorenzo Montanaro
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