Asfalto fotovoltaico: le strade di domani
Energia e mobilità, ma anche asfalto fotovoltaico: un binomio destinato a essere strategico, in un mondo che, sempre di più, deve fare i conti con l’esigenza di ridurre i consumi e, per contro, di garantire il diritto delle persone e delle cose a muoversi nel mercato globale.
A dare una risposta a questa esigenza, ci prova la Francia
L’Eliseo ha, infatti, deciso di stendere mille chilometri di asfalto fotovoltaico con l’obiettivo – secondo Segolène Royal, ministro dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibile e dell’Energia – di «produrre energia per 5 milioni di persone, l’8% della popolazione nazionale».
Una sfida da terzo, se non quarto millennio
Il progetto affonda le sue origini nell’idea di Scott e Julie Brusaw, due cittadini dell’Idaho, nel Nord Ovest degli Stati Uniti, che nel 2006 hanno iniziato a lavorare su piastrelle solari da usare nelle pavimentazioni stradali e, in seguito, hanno lanciato il crowfounding su internet e realizzato un parco per i test, che fino a ieri, però, non aveva ancora trovato applicazioni estensive.
Tuttavia l’idea di pensare un ambiente, cioè la strada, di solito associato a smog, inquinamento e spreco di risorse petrolifere, e di trasformarlo in un potenziale bacino di energia, aveva e ha un carattere rivoluzionario. Colto, appunto, dalla Francia.
300 milioni per l’asfalto fotovoltaico
Per la realizzazione del progetto transalpino serviranno tra i 200 e i 300 milioni, da recuperare con un aumento delle tasse sulla benzina. Per completare la rete ci vorranno cinque anni, ma i primi test inizieranno già prima dell’estate.
Gli appalti sono stati affidati alla ditta Colas, Cold Asphalt, specializzata in bitume applicato anche in circuiti prestigiosi, come Montecarlo, Le Mans e Le Castelet.
Benvenuti sulla Wattaway
La Wattaway, questo il nome dell’autostrada, a cui l’azienda lavora da oltre dieci anni, avrà un’efficienza intorno al 15%, inferiore al 18-20% dei pannelli tradizionali. Basteranno però 15 metri quadrati di superficie fotovoltaica per alimentare un semaforo mentre un chilometro di strada dovrebbe garantire l’energia per una cittadina di 5mila abitanti.
Le maggiori difficoltà saranno sul fronte della tenuta: il calpestamento rappresenta, già per i moduli tradizionali, un problema per la durata dei pannelli. È dunque facile immaginare quale possa essere il rischio su una strada che dovrà reggere il peso di auto e veicoli pesanti (un’utilitaria pesa circa una tonnellata, con molta pressione perché la base di appoggio di ruota è piccola). Un problema che è stato affrontato grazie a un incapsulamento senza vetro, ma con materiali al silicio policristallinico.
Non marginale sarà, inoltre, il tema della manutenzione. Gas di scarico e gomme sporcano la superficie dei pannelli, che – se opacizzati – riflettono meno luce e producono energia in quantità inferiore.
Un’idea, molte applicazioni
Se la Francia ha scelto le autostrade, non è tuttavia la prima volta che il fotovoltaico viene associato alla mobilità. Diverse sono le esperienze, dai pannelli flessibili, applicati sulle barche per aumentarne l’efficienza energetica e ridurne i consumi, alle barriere antirumore solari in autostrada. Nel 2009, in particolare, Far Systems e Cordioli, aziende del Gruppo Industriale Tosoni, hanno realizzato sulla A22 del Brennero la prima barriera antirumore fotovoltaica ad alta efficienza in Italia. Lunga poco più di un chilometro e alta 5 metri e mezzo, la barriera è stata installata sulla carreggiata Sud all’altezza di Marano. In tutto 3.944 pannelli fotovoltaici in silicio monocristallino, che occupano una superficie di 5mila metri quadrati per una produzione media annua di circa 690 mila kilowatt/h.
a cura di Mariachiara Giacosa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© Riproduzione riservata.