Lucernari: illuminare gli spazi in modo naturale e intelligente
I lucernari sono una risorsa, pratica, moderna e intelligente. È importante però posarli seguendo alcuni accorgimenti. Affinché regalare la luce a una stanza sia un’opportunità e non un problema.
Parola all’esperto
I lucernari, fiore all’occhiello dell’architettura industriale, possono essere una risorsa per rendere luminose e abitabili anche mansarde e sottotetti delle nostre case. Ma intervenire su un tetto è un’operazione importante. Ne abbiamo parlato con l’architetto Sara Bartolini dello studio di architettura associato Officina Abitare.
Prima di tutto è bene chiedersi se servano dei permessi. «La possibilità di aprire una falda sul tetto va verificata in base ai vincoli edilizi del proprio Comune e dell’area specifica in cui si vive» raccomanda Officina Abitare. Successivamente bisogna valutare le dimensioni e le caratteristiche del lucernario. «Nel caso in cui si vada a intervenire su una struttura esistente, il suo passo condizionerà la dimensione della finestra. Quando progettiamo un tetto ex novo, invece, lo moduleremo in funzione del tipo di apertura che vorremo creare».
E la scelta del materiale? «Considerato che il tetto subisce i maggiori sbalzi termici, l’alluminio è sicuramente più consigliabile del legno – sottoposto a maggiori dilatazioni. Esistono anche soluzioni combinate. Un vetro a oscuramento automatico – conclude Bartolini – fa sì che il lucernario duri di più».
Luce diffusa
Ma più di tutto è l’esposizione che conta in tema di lucernari. «Il surriscaldamento estivo sta aumentando e le case consumano di più per il raffrescamento – segnala Bartolini –. Fondamentale è quindi un’esposizione a nord: in questo modo creeremo luce diffusa nella stanza senza surriscaldarla con i raggi diretti del sole». Per la sua posizione, questo infisso deve poter durare a lungo senza grandi manutenzioni. «La posa deve essere eseguita alla perfezione – facendo per esempio il risvolto delle guaine e creando delle scossaline – per evitare future infiltrazioni» conclude Bartolini.
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di Cecilia Toso e Antonella Ghio
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