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Un grattacielo di insalata: vertical farming

di Giorgia Marino

plantscraper | grattiacielo di insalata: vertical farming

Le città crescono, sempre di più. Per numero, abitanti, estensione e, non da ultimo, in altezza.
Il grattacielo è ormai in ogni parte del mondo la sagoma più tipica negli skyline delle metropoli. Uno spazio verticale oggi sfruttato solo in minima parte, ma che potrebbe migliorare esponenzialmente l’efficienza del sistema alimentare globale.

Un grattacielo alimentare per il futuro della città

Entro il 2050, secondo le ultime proiezioni delle Nazioni Unite, il 68% della popolazione mondiale (che per allora avrà superato i 9 miliardi) vivrà in aree urbane. Sarebbe dunque logico e conveniente riuscire a spostare la produzione di cibo (o almeno una parte di essa) direttamente in città: non solo piccoli orti urbani, ma vere e proprie produzioni su scala industriale. Il problema è: dove? Recuperare terreno coltivabile fra strade e palazzi, come si può intuire, non è cosa semplice. La risposta che da qualche anno si danno le avanguardie dell’agricoltura urbana si chiama, allora, “vertical farming”. Il World Food Building, un vero e proprio grattacielo alimentare, produrrà oltre 500 tonnellate di verdure all’anno, facendo risparmiare terreno coltivabile, acqua, energia ed emissioni di carbonio. A Linköping, in Svezia, il futuro si coltiva in città.

Ottimizzare gli spazi: dal grattacielo alle coltivazioni idroponiche

È proprio sullo sfruttamento della superficie urbana verticale che si basa il visionario progetto dell’azienda svedese Plantagon. Lo definiscono “plantscraper”, dalla crasi delle parole inglesi plant e skyscraper, e sarà, appunto, un grattacielo coltivato. A Linköping, una cittadina di 100mila abitanti a sud di Stoccolma, il primo mattone è stato posato nel 2012 e l’inaugurazione è prevista per il 2020, quando i 17 piani del World Food Building saranno pronti per ospitare uffici, sale riunioni, negozi e soprattutto una serra in grado di produrre oltre verdure per il fabbisogno di circa 5mila persone.

L’edificio sarà diviso longitudinalmente in due metà: una facciata, circa i due terzi del volume, ospiterà gli uffici, l’altra sarà interamente occupata da coltivazioni idroponiche, curate in un ciclo quasi completamente automatizzato. Fra le due metà, ci sarà uno scambio costante di CO2 (prodotta dalle persone) e ossigeno (prodotto dalle piante).

L’etica ambientale oltre al grattacielo

La sinergia non riguarderà soltanto l’ambiente indoor, ma anche l’intorno. Innanzitutto, il grattacielo è progettato per catturare la maggior quantità possibile di luce solare, da utilizzare sia per la crescita degli ortaggi che per il riscaldamento dell’edificio e dell’acqua. È poi perfettamente integrato con l’area urbana e le sue risorse: parte dell’energia necessaria alle attività arriverà dalla centrale locale e dall’impianto di biogas, a cui poi, in un ciclo chiuso, ritorneranno i rifiuti agricoli. Un vero e proprio sistema industriale simbiotico, insomma, capace di garantire un notevole risparmio di risorse sotto vari punti di vista: 1000 tonnellate in meno di emissioni di CO2 all’anno, 50 milioni di litri d’acqua e 60mila mq di terreno coltivabile non utilizzati. Dal momento poi che nel grattacielo ci saranno anche un mercato e dei ristoranti, le verdure prodotte saranno presumibilmente vendute a chilometro zero, facendo quindi risparmiare circa 3,6 milioni di km di trasporto merci. Infine, insalate e ortaggi saranno sani e sicuri, visto che in un ambiente chiuso e controllato non c’è alcuna necessità di utilizzare pesticidi, diserbanti o fertilizzanti chimici. Genuini più che in campagna.

Approfondimenti:

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